sabato 27 settembre 2008

Dialogo tra un Filosofo, un Giudeo e un Cristiano


Salve amici Bloggers,

ancora una settimana molto dura sotto tutti i fronti. So che siete moltissimi a seguirmi ma mi scuso se non riesco ad essere costante. Scuserete anche i miei ultimi sfoghi contro un Topo che a suo tempo fece qualche piccolo danno, ma ora è tutto finito.

L’Accademia di studi Cavallereschi procede molto bene ed a fine Ottobre ci saranno già i primi confronti sulle prime tre dispense di studio. Io nel frattempo sono impegnato nella revisione di alcuni Trattati di Scherma per la scuola e naturalmente sul tema delle Origini del Cristianesimo. Tema che tratterò il 17 Ottobre alla Villa Medicea di Artimino (Po). In quella sede discuteremo di Templari, ma farò una buona premessa sul contesto storico giudaico in modo da far comprendere meglio ai partecipanti qual’era il credo dei Templari e per cosa combattevano.

A novembre poi è ripianificata a Napoli in sede ancora da stabilire.

Oggi volevo discutere con Voi ancora di Abelardo attraverso la recensione di uno dei suoi piu’ pregevoli scritti:

DIALOGO TRA UN FILOSOFO, UN GIUDEO E UN CRISTIANO
Ed. : BUR
Euro 9,30

scritto intorno al 1140, negli ultimi anni della sua vita, è una utopia tanto scandalosa da presentarsi nella forma del sogno: l'autore è chiamato a giudice dai tre sapienti. Ed è con la neutra qualifica di "filosofus" che è designato l'appartenente "alla tribù di Ismaele", cioè un musulmano. La discussione che oppone il cristiano agli interlocutori solo a tratti diventa polemica, ma ispirandosi sempre al rispetto reciproco delle idee, alla salvaguardia della libertà di pensare un proprio dio. Lo scritto di Abelardus appare come un'oasi nel delirio dogmatico e repressivo degli scrittori contemporanei e successivi. Lo schema della argomentazioni si attiene al rigore del metodo logico, ma si vivifica ad esempio nel lamento dell'ebreo sulla miseria della sua gente:


"La fornace del nostro soffrire non ha consumato tutte le macchie dei nostri peccati. Siamo costretti a mettere la nostra vita nelle mani dei nostri nemici. Sappiamo quanto desiderino ucciderci, perché così sarà più facile fare bottino di tutto ciò che possediamo [...]"

Senza entrare nei meriti del trattamento del popolo ebraico, devo dire che mi ritrovo decisamente nell’idea di Abelardo e cioè di far convogliare in un'unica linea confessionale le tre religioni Abramitiche.


In questo scritto si riesce palesemente a confrontare le tre idee, modi di vedere e intendere la vita e la creazione.


Come dico sempre…. Sotto uno stesso cielo.

R.C.


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